

ULTIMA FERMATA
VOLTI DAL PASSATO
Edizioni Book Sprint
234 pagine
Tra le righe…
Come in ogni grande organizzazione che si rispetti anche quella dove Matteo prestava servizio era composta da un buon numero di uffici, corridoi, targhette sulle porte, archivi e naturalmente tabelloni.
Uno dei tabelloni più visitati in assoluto era e rimaneva quello degli orari. La ragione per quel afflusso costante di occhi era semplice e naturale. Tutti sentivano il pressante desiderio di conoscere il proprio turno il più presto possibile per potersi organizzare la settimana o il mese; in questo modo ognuno aveva il tempo di poter effettuare cambi di turno per poter passare più tempo con i figli o per scappare dalla suocera. Il nostro eroe si stagliava quindi statico davanti ad uno dei suddetti cartelloni, il quale somigliava più ad un foglio battuto a computer che a un tabellone nell’immaginario collettivo. Matteo oscillava sui talloni, le mani sui fianchi a formare due piccoli archi acuti, gli occhi febbrilmente alla ricerca del proprio nome. Era talmente assorto in contemplazione che gli sfuggì il rumore delle suole delle sneakers bianche di Dan che si fermarono alle sue spalle. Dan, consapevole della sua naturale bellezza, pelle ben brunita, freccine in ordine, sguardo leggermente vacuo, posò una mano sulla spalla dell’amico. Quando Matteo saltò dallo spavento fu un vero e proprio balzo in avanti nel tempo e nello spazio. Il suo cuore accelerò e lo spazio tra lui e il cartellone si ridusse notevolmente.
“Oh, ti ho spaventato?” domandò Dan con sguardo divertito.
Matteo deglutì prima di bofonchiare:
“Non farlo mai più”
Dan gli strizzò la spalla con gioia, “Allora avevo ragione!” urlacchiò, “sei tutto fuori!”
“Cos’è che sono, Dan?”
In effetti, Matteo se ne rendeva conto, era stato leggermente soprappensiero negli ultimi cinque minuti, però addirittura definirlo “fuori” era un po’ esagerato.
“Ciao Matteo” una voce nuova riportò Matteo alla realtà, si voltò con un sorriso ben disposto sulle labbra e salutò un paio di colleghi intenti a leggere l’orario sul tabellone. Uno dei due era alto, grosso, col petto in fuori, le guance a mela e gli occhi grandi e profondi, l’altro era leggermente più basso, scarno, dal volto affilato e gli occhi chiari come la coscienza di un prete.
“Begli orari, eh?” commentò il più magro, inclinando la testa da un lato e puntando l’indice contro il tabellone. Non si capiva se il suo fosse un commento ironico o meno, aveva una non-espressione dipinta sul volto. Ignorandoli, Matteo tirò Dan per la giacca, un gesto che lui odiava, ma che non si rendeva conto di usare spesso. “Andiamo di là” sussurrò. Non gli piaceva parlare davanti ad altre persone, anche se erano i colleghi e amici di tutti i giorni.
Ci sono scrigni che vanno aperti in pochi e per pochi.
Matteo trascinò Dan per un corridoio e mezzo prima di accorgersi che nella simil – fuga si tenevano per mano.
“Mollami! Non siamo mica fidanzati!” ghignò Dan. Matteo lo fissò attonito, portò lo sguardo sulle mani unite poi di nuovo fissò Dan. Solo allora mollò la presa, rendendosi conto che due amiche possono tenersi per mano, due amici no. Che strane regole comandano l’esistenza, imposizioni stupide.
Una volta usciti in strada, dritti verso il parcheggio, Dan rallentò il passo, voleva spiegazioni, non gli piaceva venir rapito, anche se a farlo era un amico.
“Dove stiamo andando?” domandò.
“Alla Metro, in controlleria”.
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