Carta e penna, Remington e nastro, inchiostro e sudore, tablet e tastiere steampunk. Si può scrivere ovunque. Sui muri, sui fogli bianchi, sulle pagine di un libro già scritto, sulla propria pelle. L’importante è farlo. Ciò che conta è esprimersi.
La libertà è fatta di parole. Una dietro l’altra come soldatini esprimono un concetto. Danno voce all’anima. Scrivere è un atto di purezza interiore, di lavoro, di psicologia, di impegno.
Se pensiamo alla figura dello scrittore lo immaginiamo chino sulla scrivania, un bicchiere di whisky accanto, una tazza di caffè vuota. Posacenere e mozziconi, fogli appallottolati sul pavimento. Un cestino pieno di prove ed errori.
Noi scrittori siamo bestie rare, in via di estinzione, eppure siamo più presenti che mai. Come mai ci siamo e non ci siamo allo stesso tempo?
Ci siamo perché il desiderio di esprimersi è insito nella natura umana.
Ne sentiamo il bisogno per esplorare il mondo che ci circonda attraverso le parole, descrivere le nostre esperienze, definirle e catalogarle. Mettendole nero su bianco diamo un’identità alle emozioni e anche una faccia, a volte, quando creiamo personaggi. Ma scriviamo anche per un bisogno profondo, primordiale, insito in noi stessi. Facendolo entriamo in una sorta di terapia personale, analizziamo noi stessi, le nostre paure e i desideri.
Insomma, a essere sinceri, scrivere è utile a tutti.
Al mondo che ci legge e a noi che ci scriviamo.
Ogni lettera battuta è un colpo di anima, un battito di cuore.