Libri di Laura Graziano
Book Cover Frank Crash

FRANK CRASH

LE FAUCI APERTE

Edizioni Fondazione Alberto Colonnetti

339 pagine

Tra le righe…

La calda luce del sole si riversava nelle finestre della mia enorme camera illuminandone il contenuto e cogliendomi con l’oro in bocca. Espressione che non è affatto metaforica dato che stavo sognando un tesoro. Un robusto scrigno di legno ancora odorante di sale marino bello aperto davanti ai miei occhi, dentro vi era talmente tanto oro da far impallidire Mida. Ricordo che mi trovavo in una caverna e che botole di luce entravano dal soffitto proiettando ombre sui muri scavati nella pietra.
Non ho mai dato molta retta ai sogni, se mi soffermassi ad analizzarli probabilmente scoprirei molte cose su me stesso, addirittura più di quante ne vorrei sapere. Molte persone si divertono a indagare il contenuto metaforico, a sezionare parti e a confrontarle con teorie e balle varie lette su riviste di seconda mano. Sono affascinato dal mondo onirico, ma non mi piace mettere il dito nella piaga della mia coscienza, spesso sogno cose improponibili, assurde, spiritose e spiritate che mi trascinano in un vortice di considerazioni e auto sedute psichiatriche.
Al principio mi divertiva, ora stupidamente preferisco nascondermi da tutto quello che non riesco a spiegare. Con questo non voglio dire che sia un tipo pauroso o che nasconda traumi insoluti, intendo solo affermare il sacrosanto diritto di poter tenere almeno i sogni per me, senza doverli bisbigliare sdraiato su di un lettino a un uomo barbuto che prende nota su un taccuino. Non ho remore a raccontarli durante piacevoli cene o passeggiatine al chiaro di luna, ma non intendo farne una questione di stato. Punto e basta. Nel sogno, comunque, c’era anche un nano che indossava un panciotto rosso e che impudicamente e senza alcun rispetto attingeva a piene mani dal mio tesoro e rideva, rideva, rideva. Ricordo che quella risata mi mandava su tutte le furie, era un supremo sfoggio di gengive e ugola, qualche cosa di assolutamente non necessario. Anzi, mi schifava un pochino riuscire a scrutare le sue carie da distanza ravvicinata. Preso da un impulso irrefrenabile, cercai di dargli un pugno sul grugno ghignante, ma lo mancai e andai a incastrarmi in una crepa del muro cavernoso. Un dolore lancinante mi attraversò il polso, passò per il gomito e voltando leggermente all’altezza della spalla, mi si andò a piantare nel cervello. Mi svegliai di scatto, con un profondo desiderio di vendetta.

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