

AZARYA
ANGELI GUERRIERI
Editrice Nuovi Autori
276 pagine
Tra le righe…
Guardò il cielo e scrutò le nuvole. Era un buon presagio, un augurio di vittoria ciò che vi leggeva. Era ottimista in tutto, lui era parte del Tutto. Dolcemente sovrannaturale, stranamente aristocratico, entrò nel bar.
Il vocio lo accolse come un guanto da baseball, sorrise avvicinandosi al bancone.
La cameriera si protese verso di lui ammiccando.
– Dimmi, hai bisogno di un’informazione, dolcezza? Sei nuovo di queste parti? –
si sedette lentamente e le parlò. Era la voce più dolce che quella donna avesse udito.
– Sì, ho bisogno di informazioni –
– Come ti chiami? – l’attenzione di lei ora si faceva più invasiva, più interessata. Voleva scoprire chi era quell’uomo dalla voce profonda e dallo sguardo che trasudava ogni. Le sembrava l’incarnazione della libertà, le sembrava il cavallo alato che l’avrebbe trasportata via dallo squallore
in cui le toccava barcamenarsi per tornare la sera con qualche soldo tra le braccia di un vecchio marito perennemente ubriaco.
– Hai mai visto questi due? – chiese ignorando la domanda e porgendole la Polaroid scattata di fresco.
La cameriera la prese in mano e cominciò a scrutarla da vari lati.
L’immagine di due giovani trentenni in un giardino verde con il fumo della carne bruciata alle spalle.
– Sì, devo averli visti qualche volta, ma tu, avanti dimmi, che ci fai da queste parti? – poi, illuminandosi – cerchi loro? Sei un poliziotto o cosa? –
– No, no, sono due miei amici e volevo ritrovarli – s’affrettò a dire lui, appoggiando una mano dalle dita affusolate sul braccio della donna. Sentì l’effetto del suo tocco. Percepì il brivido che lei provava. Era un brivido particolare, lo sapeva bene.
– Ecco io… – incespicò la donna – Io… –
– Loretta! Avanti, riempimi il bicchiere che la sete avanza! – urlò un vecchio dal capo ciondolante, le parole masticate e i peli nelle orecchie densi come ciuffi di lana. Vene bluastre facevano bella mostra di sé sul suo cranio giallastro e calvo come un pompelmo.
– Subito Augusto, ma non vedi che sono occupata? – si sbrigò Loretta riempiendogli il bicchiere con mani tremanti.
– Dunque, questi due? – incoraggiò l’enigmatico sconosciuto
– Sì, vengono qui di tanto in tanto a giocare a tennis, a cavalcare, insomma, a fare i turisti, ecco. Niente di strano, quello che fa di solito la gente, quello che credo anche lei… – lasciò in sospeso la frase, sperando in una sua dichiarazione.
L’uomo rise, una risata profonda, misteriosa, inebriante.
– Grazie, mi è stata di grande aiuto – si alzò lentamente, ripose la foto nella tasca posteriore dei jeans e si diresse verso la porta.
– Un momento! – strillò la donna. L’acuto fece voltare i presenti come lo stridio di un cardine non ben oliato, – il suo nome, mi dica almeno il suo nome! –
Lui si voltò. Le sue labbra increspate in un leggero sorriso e lo sguardo…
Oh, quello sguardo!
Occhi che sembravano penetrare l’anima fino al suo centro più remoto.
– Mi chiamano in vari modi. Ha poca importanza un nome, ormai. Azarya, vada per Azarya – la donna lo guardò con sospetto.
– Allora lei è straniero! – sbottò mentre lui già varcava la soglia.
– Oh, non sa quanto signora, non sa quanto – borbottò lui, dirigendosi verso la macchina.
Aveva dovuto affrontare un lungo viaggio per arrivare fino a lì e lo aspettava un impegno ancora più gravoso: fare in modo che tutto avvenisse nell’esatta sequenza, che non si verificassero errori. Era una missione di grande importanza. Gli sbagli non erano tollerati e anche il suo stesso Destino poteva dipendere dal suo agire.
Dannazione! Quant’era complicato l’Universo!
– La foto! Dove diavolo è la foto? –
Lisa e Vanessa lanciarono uno sguardo allibito a Toru intento a sbirciare tra l’erba del prato.
– La foto che ci ha scattato prima Vanessa! Dov’è finita? – ribadì spazientito, allargando le braccia.
Le due ragazze abbassarono subito la testa per terra.
– Dev’essere volata via – azzardò con un filo di voce Lisa.
– Poco male, vorrà dire che ve ne farò un’altra! Mica è morto qualcuno! –
…ancora no…
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